La Chiesa di S. Maria la Preta
La Chiesa rupestre di S. Maria la Preta o della Pietra, in contrada S. Barbara, è stata fondata nell’VIII secolo d.C. dai monaci basiliani in fuga dalla Sicilia, all’epoca occupata dai Saraceni.
La struttura, venne rifatta dopo il Mille, durante il periodo gotico.
È la più antica Chiesa di Viggiano, di cui rimangono poche rovine, sopra un ciclopico bastione di viva roccia a strapiombo sul torrente Casale, affluente dell’Agri. Intorno a questo eremo sorse il primo agglomerato del borgo viggianese, i cui abitanti furono educati al lavoro e alla devozione mariana dai basiliani.
Con i recenti lavori di restauro e sistemazione esterna questo sito è tornato ad essere fruibile ai turisti.
La Chiesa e il Convento di S. Maria del Gesù e la Chiesa di S. Antonio
Il Convento di S. Maria del Gesù venne fondato, nel 1478, dai Francescani Minori Osservanti. In virtù della bolla Ex suprema dispotitione, emanata dal Papa Sisto IV nel 1473, il Commissario per la Basilicata, padre Bonifacio da Mascufo volle erigere una Provincia autonoma di Basilicata. Alla fine del ‘500 i frati che vivono nel Convento sono circa venti.
La Chiesa dedicata a S. Antonio, adiacente il lato destro del Convento, venne riedificata negli anni 1542-1546.
L’impianto originario venne ampliato mediante l’aggiunta di una navatella a fianco della navata principale ed entrambe le navate furono coperte da volte a botte unghiate. Nel 1646 la Chiesa attigua ormai diroccata, venne ricostruita, in un momento di ripresa dell’Ordine francescano; il ‘700 è forse il periodo di maggiore floridezza a giudicare dagli arredi sacri rinvenuti nei vari conventi.
Alterne le vicende successive: all’inizio del 1800 ci si avvia verso la soppressione dell’Ordine che diventa determinante con l’Occupazione francese (1805-1815) del Regno di Napoli e con il ritorno dei Borboni.
Il convento non ospita più i monaci e rimane in disuso per un certo periodo, per poi ad avere nuove destinazioni: sarà prima residenza della Guardia Nazionale Borbonica e poi ospiterà il Convitto del Ginnasio.
Nella seconda metà dell’800 si verificano vari tentativi di riorganizzazione della vita religiosa, ma il terremoto del 1857 scoraggia gli entusiasmi a ricostruirsi delle varie confraternite che si avvicendano La fine dell’800 vede la ripresa del movimento francescano con i due ordini, Osservanti e Riformati, sino al 1897 quando, con la bolla Felicitatem quidam di Papa Leone XIII, nasce l’unico Ordine dei Frati Minori.
Articolato intorno ad un chiostro quadrangolare, ha subito numerose trasformazioni nel corso dei secoli, dovute soprattutto alle diverse destinazioni d’uso. Nel 1873 il Convento fu adibito a Convitto Municipale, intitolato a Silvio Pellico, che, al dire del Caputi, ospitò sia la scuola tecnica che la scuola ginnasiale fino al 1895, anno in cui sia il Convitto che le scuole furono chiuse.
Agli inizi del 1900, fu sede dei Regi Carabinieri. Oggi ospita il Museo delle tradizioni popolari e il Distretto dell’Eni.
I Resti della Chiesa di S. Pietro
Nel 1594 viene fondata la Chiesa Matrice o Ricettizia, dedicata a S. Pietro Apostolo. Pregevole monumento artistico sono i tre pezzi della porta di pietra bruna, di cui i due laterali raggiungono oltre 15 palmi di altezza, con sopra un rosone. Probabilmente ricostruita sulle rovine del luogo di culto di epoca normanna, di questa Chiesa sono ancora visibili i pochi resti di un altare.
La Chiesa di S. Sebastiano
Probabilmente costruita nel XVIII secolo con il nome di S. Maria fuori le Mura, fu ricostruita dopo il terremoto del 1857, nella composizione architettonica simile all’attuale. Prima di tale data aveva dimensioni più grandi, occupava tutto lo spazio della piazza antistante e, quando il fulcro dell’abitato si spostò dal borgo del castello verso l’attuale Piazza Plebiscito nell’ambito del circuito delle Mura, diventò la Chiesa principale. L’interno, è sovrastato da un grande arco in muratura, con soffitto in legno a cassettoni. Il pavimento in marmo, come l’altare, è sovrastato da un grande polittico settecentesco raffigurante la vita di S. Sebastiano, da cui probabilmente prende il nome la chiesa. La sua costruzione sarebbe da collegare anche a problemi di spazio: era necessaria una chiesa più grande per ospitare i pellegrini, soprattutto in occasione delle festività di maggio e settembre. La facciata presenta portale in legno, abbaino con campanella e paraste dalla ricca trabeazione di ordine corinzio.
La Chiesa di S. Rocco
La Chiesa di S. Rocco appartiene alla seconda metà del 1700, fu costruita nella contrada detta Valle a testimoniare lo sviluppo di Via Vittorio Emanuele e Via Pisciolo, quando, ormai saturo il Borgo del Castello, il paese comincia ad espandersi verso l’attuale centro, intorno a Piazza Plebiscito. Ricostruita dopo il terremoto del 1857 presenta un portale in legno, paraste dai capitelli molto semplici e, al di sopra del tetto, due abbaini con campanella.
La Chiesa di S. Benedetto
La costruzione della Chiesa di S. Benedetto risale al 1561, dal nome dell’omonima strada alto-medievale, ai piedi del Castello e vicina alla zona detta delle Forge. La nascita di questa Chiesa, è una prova della sistemazione definitiva, che riceve in questo periodo, tutta la zona circostante. La facciata, è dalle linee molto semplici, con portale in legno, timpano triangolare e una coppia di finestre simmetriche e circolari. Dietro la Chiesa, si trova il campanile in pietra.
La Chiesa della Buona Morte
Il complesso architettonico del Morticello o Chiesa della Buona Morte, viene edificato nella seconda metà del XVIII secolo, tra Via Roma e Via Cavour.
Presenta due accessi: uno dal sottostante deposito a piano terra, l’altro sul lato ovest e vi si accede direttamente da Via Roma.
Nell’Ottocento, era utilizzato come luogo di sepoltura. La facciata, caratterizzata da una grande apertura centrale, che faceva da ingresso prima che fosse murata e demolita la scala esterna e al di sopra da tre finestre circolari; termina con un timpano, coperto poi dall’insegna metallica.
Il terremoto del 1857, danneggiò parte delle strutture, che vennero poi riprese. L’interno, subì notevoli modifiche, con l’accorpamento del nuovo corpo a quello preesistente, formato dalla cappella.
Il successivo intervento del 1957, portò ulteriori modifiche: fu aperto il piano terra, l’attuale porta ad ovest e ampliato il vano. All’esterno, fu demolita la scala a doppia rampa di accesso, murato il portale, il rosone e lasciato come unico accesso quello ad ovest.
L’oratorio fu adibito a cinema, fino al sisma del 1980 e tale funzione determinò la chiusura della cappella. Oggi, con un sapiente lavoro di recupero,è sede di un bellissimo teatro intitolato a Francesco Miggiano.
Archi e Portali
Viggiano, come la maggior parte dei centri dell’Alta Valle dell’Agri con origini antiche, è arroccato su un'altura, scelta effettuata per sfruttare la naturale asperità del terreno come sistema difensivo, ulteriormente potenziato in seguito con la costruzione di mura di cinta oggi inglobate nelle abitazioni o più spesso andate distrutte.
L'odierna architettura presenta le caratteristiche tipiche dell’urbanistica medievale: il fortilizio posto sulla cima della collina in posizione difensiva, con la chiesa sottostante, la tipica composizione dei lotti, posti dal lato meglio difendibile, che seguono l’orografia del sito, con gli assi viari di spina in cui confluiscono le strade minori, i vicoli stretti e appesi, spesso con scale, archi e sottopassi.
Sui portali di alcune case del centro storico e nelle chiavi di volta degli archi si notano, invece dell'usuale stemma nobiliare, bassorilievi, opera degli antichi scalpellini viggianesi che sceglievano e modellavano la pietra viva lungo gli argini del torrente Alli, rappresentativi dell'arte o del mestiere del proprietario o raffiguranti piccole arpe datate dal 1858 al 1882.
Alcune sono a forma di lira antica e racchiudono iniziali forse del musicista; altre sono fedeli alla struttura della piccola arpa viggianese, da sola o con violino; altre ancora sono arpette arricchite da decorazioni e capitelli scolpiti. Queste pietre "parlano" di una tradizione il cui rispetto e ricordo i musicanti viggianesi hanno voluto fermare nel tempo.